DIVISIONE DI ANNULLAMENTO




ANNULLAMENTO N. 16 561 C (NULLITÀ)


TPK d.o.o., Carice Milice 79, Paracin, Serbia (richiedente), rappresentata Zivko Mijatovic & Partners, Avenida Fotógrafo Francisco Cano 91A, 03540 Alicante, Spagna (rappresentante professionale)


c o n t r o


Robert Orlović, Androv breg 17c, Fiume 51000, Croazia, e Bum d.o.o., Androv breg 17c, Fiume 51000, Croazia (titolari).


Il 26/05/2020, la Divisione di Annullamento emana la seguente



DECISIONE


1. La domanda di nullità è accolta.


2. Il marchio dell’Unione europea n. 14 548 424 è dichiarato interamente nullo.


3. I titolari del marchio dell’Unione europea sopportano l’onere delle spese, fissate in Euro 1 080.



MOTIVAZIONI


In data 10/10/2017 la richiedente ha presentato una domanda di nullità contro il marchio dell’Unione europea n. 14 548 424 ECONOMIC PARFEMI (marchio verbale) (nel proseguo, il ‘MUE contestato’), depositato il 10/09/2015 e registrato l’11/03/2016.


La domanda è diretta contro tutti i prodotti e servizi coperti al MUE contestato, ossia:


Classe 3: Toiletteria, esclusi i profumi.


Classe 16: Stampati.


Classe 35: Servizi pubblicitari, servizi pubblicitari, di marketing e promozionali di ricerche di mercato e promozionali, esclusi servizi pubblicitari, servizi pubblicitari, di marketing e promozionali di ricerche di mercato e promozionali relativi ai profumi.


La richiedente ha invocato l’articolo 60, paragrafo 1, lettera b), RMUE, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 3, RMUE e richiesto l’assegnazione a suo favore del MUE contestato ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), RMUE.


La domanda è, inoltre, basata sui motivi assoluti di cui all’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE (malafede).


Posto che la richiedente ha richiesto la cessione a suo nome del MUE contestato ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), RMUE, la Divisione di Annullamento procederà in primis a esaminare la presente domanda di nullità sulla base dei motivi relativi di cui all’articolo 60, paragrafo 1, lettera b), RMUE. Laddove tali motivi non fossero accolti, si procederà all’esame dei motivi di nullità di cui all’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE.



SINTESI DEGLI ARGOMENTI DELLE PARTI


Nelle sue osservazioni inziali, la richiedente sostiene quanto segue:


  • In data 10/09/2015, il Sig. Robert Orlović ha presentato la domanda di deposito per la registrazione del MUE contestato a proprio nome e della società Bum d.o.o. senza il consenso della richiedente, la quale è la legittima titolare del marchio.


  • Sin dal 2012 la richiedente ha utilizzato prodotti e servizi recanti il segno in esame attraverso società gestite dai coniugi Orlović, la società Bum d.o.o. in Croazia e la società Toleranca Jaz In Ti d.o.o. in Slovenia.


  • Nel 2015, quando il rapporto tra le parti si è interrotto, il Sig. Orlović ha deciso di depositare la domanda di registrazione contestata. Nel momento in cui la richiedente è venuta a conoscenza del deposito, le parti hanno iniziato a negoziare il trasferimento della titolarità del marchio. Il procedimento relativo alla registrazione del trasferimento di titolarità del segno è oggetto di ricorso dinanzi la Prima Commissione di Ricorso dell’EUIPO (R0718/2017-1).


  • Nell’ambito dei motivi relativi di cui all’articolo 21 RMUE in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 3 RMUE, si rileva che possono valere come marchi anteriori anche registrazioni concesse in territorio extra-UE. Nella specie, la richiedente è titolare del marchio serbo n. 60 603, del marchio macedone n. 20 898 e del marchio montenegrino n. 12 686. Dalla documentazione allegata, appare evidente che tali marchi sono stati oggetto di uso prima della domanda di deposito del MUE contestato.


  • In merito al rapporto tra le parti, il Sig. Orlović ha commercializzato i prodotti della richiedente recanti il segno attraverso le società Bum d.o.o e Toleranca Jaz In Ti d.o.o., che hanno agito come distributori dei profumi della richiedente. Le fatture e le dichiarazioni doganali presentate confermano che il Sig. Orlović era l’unico distributore dei prodotti “ECONOMIC” della richiedente nel territorio sloveno nel periodo rilevante. Tuttavia, la richiedente non ha mai rilasciato alcuna autorizzazione al deposito del marchio. Si rileva inoltre che la società Bum d.o.o ha adottato il nome a dominio “economicparfermi.hr” nel quale viene riprodotto il medesimo contenuto della pagina web “economicparfemi.com” della richiedente. Tale uso improprio è stato effettuato nonostante il Sig. Orlovic e la società BUM d.o.o. abbiano stipulato un accordo in data 26/09/2016 nel quale avevano garantito che non avrebbero usato i marchi “ECONOMIC” senza l’autorizzazione della richiedente.


  • In via sussidiaria, la richiedente invoca i motivi assoluti di cui all’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE, posto che il Sig. Orlović ha agito in malafede al momento del deposito del MUE contestato alla luce dei diritti anteriori della richiedente, del pregresso rapporto tra le parti e del fatto che la registrazione contestata sia stata presentata senza il consenso della richiedente.


A sostegno delle proprie osservazioni, la richiedente ha fornito le seguenti prove:


Allegato 1: Copia del certificato di registrazione del marchio serbo n. 60 603, depositato il 12/01/2009 e registrato l’08/02/2010 a nome della richiedente, per il seguente segno figurativo:



Il marchio copre saponi, prodotti di profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli e dentifricio in classe 3.


Allegato 2: Copia di una decisione emessa in data 09/11/2015 dall’Ufficio per la proprietà intellettuale del Montenegro per la registrazione del marchio n. 12 686, depositato il 22/02/2014 e registrato il 09/11/2015 a nome della richiedente, per il marchio figurativo “ECONOMIC” (identico al segno di cui all’allegato 1) per saponi, prodotti di profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli in classe 3.


Allegato 3: Copia di una decisione emessa in data 05/05/2014 dall’Ufficio per la proprietà intellettuale della Repubblica di Macedonia del Nord per la registrazione del marchio n. 20 898, depositato il 19/11/2012 e registrato il 05/05/2014 a nome della richiedente, per il marchio figurativo “ECONOMIC” (identico al segno di cui all’allegato 1) per saponi, prodotti di profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli in classe 3.


Allegato 4: Copia di una lettera del 26/09/2016 avente ad oggetto, in sostanza, il trasferimento del MUE contestato a nome della richiedente.


Allegato 5: Tabelle provenienti dalla richiedente nelle quali sono indicati dati inerenti la vendita di prodotti (quantità ed importi generati) e gli investimenti realizzati con riferimento a Croazia (periodo 2011-2017), Romania (2015-2016) e Slovenia (2012-2016). Alle tabelle segue una dichiarazione firmata da un notaio.


Allegato 6: Estratti contenenti immagini di profumi contraddistinti dal marchio figurativo “ECONOMIC”.


Allegato 7: Estratti dal sito web www.economicparfemi.com/sr della richiedente (recante una dicitura a piè di pagina che indica come data di copyright 2010-2017) e dal sito www.economicparfemi.hr/hr della società Bum d.o.o. (recante una dicitura a piè di pagina che indica come data di copyright 2014). Il contenuto dei siti web è pressoché analogo nella misura in cui entrambi mostrano gli stessi prodotti.


Allegato 8: Estratti dal Registro delle Imprese Sloveno dai quali risultano la Sig.ra Sandra Orlović e il Sig. Robert Orlović quali direttori della società slovena Toleranca Jaz In Ti d.o.o. rispettivamente dal 20/09/2011 e dal 04/04/2012.


Allegato 9: Copia di un certificato “CPNP” (‘Cosmetic Products Notification Portal’) del 13/04/2016 contenente dettagli del profumo “Economic for men 115, Eau de Parfum”. Dal documento si legge che il profumo è prodotto dalla richiedente, proviene dalla Serbia ed è autorizzato alla vendita nel territorio dell’Unione, con la Slovenia quale primo territorio di ingresso.


Allegato 10: Copia di un rapporto redatto nel 2015 da una agenzia indipendente sulla solvibilità della richiedente. Il documento non contiene riferimenti a marchi recanti l’elemento “ECONOMIC”.


Allegato 11: Copia di 70 fatture emesse dalla richiedente per la vendita di profumi recanti il segno “Ekonomik” alle seguenti società croate: M.a.s.k. d.o.o dal 09/06/2011 al 12/12/2011; Marie d.o.o dal 04/01/2012 al 14/07/2016; e Bum D.o.o (uno dei titolari) dal 18/10/2012 04/12/2014.


Allegato 12: Copia di 17 fatture emesse dalla richiedente per la vendita di profumi recanti il segno “Ekonomik” alla società slovena Toleranca Jaz In Ti d.o.o. in data 06/11/2012 e tra il 27/01/2014 e il 27/07/2016.


Allegato 13: Copia di 2 fatture emesse dalla richiedente per la vendita di profumi recanti il segno “Ekonomik” alla società rumena SC Diopta Optik SRL in data 22/12/2015 e 03/02/2016.


Allegato 14: Copia di fatture datate 09/06/2011, 19/07/2011, 04/01/2012, 21/02/2012 e indirizzate alle società croate M.a.s.k. d.o.o e Marie d.o.o (già presenti nell’allegato 11).


Allegato 15: Copia di una dichiarazione rilasciata dal Sig. Slobodan Milosevic in data 29/09/2017, in qualità di direttore e legale rappresentante della richiedente, il quale attesta che nel 2012 il Sig. Orlović aveva contattato la richiedente al fine di distribuire i suoi prodotti “ECONOMIC” nel territorio sloveno e che, a seguito di una trattativa tra le parti, l’accordo era stato allargato anche al territorio croato e rimasto valido tra la fine del 2012 e il 2016.


Nella loro risposta, i titolari presentano i seguenti argomenti:


  • La richiedente non ha dimostrato di essere la legittima titolare del MUE contestato. Difatti, i marchi della richiedente non le conferiscono protezione sulla denominazione “ECONOMIC PARFEMI” nell’Unione europea, né in altri territori. Le fatture e i documenti ad esse relativi mostrano l’uso delle diciture “Parfem Ekonomik”, “Ekonomik”, “PARFEM Mosus Oil Ekonomik" o similari, ma mai il MUE contestato. Allo stesso modo il documento “CPNP” (doc. 6 e allegato 9) cita chiaramente che il nome del prodotto della richiedente è “Economic for Men 115, Eau de Parfum”.


  • Nel procedimento di appello n. R0718/2017-1 del 07/01/2019, le Commissioni di Ricorso hanno respinto l’istanza della richiedente di trasferire a suo nome la titolarità del MUE contestato. Tale istanza era basata sul contenuto di un contratto del 26/09/2016, le cui condizioni, tuttavia, non sono state accettate dai titolari.


A sostegno delle proprie osservazioni, i titolari hanno fornito le seguenti prove:


Doc. 1: Estratti dal database TMview contenenti dettagli di registrazioni di marchi in capo alla richiedente contenenti l’elemento ‘ECONOMIC’ (v. inter alia registrazioni anteriori di cui agli allegati 1, 2 e 3).


Doc. 2: Estratti dal database TMview contenenti dettagli della domanda di registrazione macedone n. 20 1500 043 “ECONOMIC Londessa SRB (fig.)” depositata il 20/01/2015 dalla società LONDESSA SRB, z.t.r.


Doc. 3: Estratti dal database TMview contenenti dettagli della registrazione di marchio della Bosnia - Erzegovina n. 1 418 390 “ECONOMIC”, depositato il 30/12/2014 e registrato l’08/12/2016 dalla società LONDESSA SRB, z.t.r.


Doc. 4: Estratti dal database TMview contenenti dettagli della domanda di registrazione di marchio serbo n. 201 100 385 “ECONOMIC”, depositata il 16/03/2011 e poi rifiutata.


Doc. 5: Copia di alcune fatture e relativi documenti già presentati dalla richiedente (v. allegato 11 e 12) inerenti la vendita di profumi a marchio “Ekonomik” in Croazia e Slovenia nel 2011, 2012 e 2015.


Doc. 6: Copia del certificato “CPNP” (Cosmetic Products Notification Portal) contenente dettagli del profumo “Economic for men 115, Eau de Parfum” già presentato dalla richiedente (v. allegato 9).


Doc. 7: Copia del contratto di trasferimento stipulato tra le parti in data 16/09/216 e relativo alla cessione del MUE contestato.


Doc. 8: Copia della decisione del 07/01/2019 della Prima Commissione di Ricorso resa nel procedimento n. R0718/2017-1 relativo all'iscrizione nel Registro dell’istanza di trasferimento della titolarità del MUE contestato presentata dalla richiedente.

Nella sua replica, la richiedente fa riferimento agli argomenti precedentemente forniti e adduce quanto segue:


  • I marchi della richiedente sono pressoché identici al MUE contestato posto che essi coincidono nell’elemento “ECONOMIC”. La parola "PARFEMI" del MUE contestato significa “profumi” e, dunque, non è distintiva per tali prodotti. Tenuto conto che i segni coprono i medesimi prodotti nella classe 3, sussiste un rischio di confusione.


  • In merito alle diciture utilizzate nelle fatture, il termine “Ekonomik” corrisponde nella lingua slava alla parola “economic”, mentre gli altri elementi (i.e. 8 ml o 20 ml) sono indicazioni descrittive del volume del prodotto.

A sostegno delle proprie osservazioni, la richiedente ha fornito ulteriori estratti dai siti web delle parti (già presentati nell’allegato 7) e un estratto dal canale “YouTube” contenente una pubblicità dei profumi della richiedente pubblicata dalla società Marie d.o.o. il 04/02/2014 (allegato 16).


Nella loro controreplica, i titolari reiterano i precedenti argomenti e sostengono quanto segue:


  • La richiedente non ha dimostrato di aver protetto il marchio verbale “ECONOMIC PARFEMI”. Vi sono chiare differenze tra il MUE contestato e i marchi in capo alla richiedente e i segni da essa utilizzati.


  • Nel periodo tra settembre e ottobre 2016, i rappresentanti legali della richiedente hanno inviato varie lettere e bozze di accordi ai titolari aventi ad oggetto la richiesta di trasferimento del MUE contestato. Il contenuto dei contratti inviati, tuttavia, è stato redatto dai legali della richiedente e non dai titolari. A novembre 2016, i titolari hanno inviato una lettera informando la richiedente di non voler proseguire tali trattative. Nel mese successivo, i rappresentanti della richiedente hanno contattato i titolari per chiedere loro se fossero interessati alla cessione onerosa del marchio. Si osserva che in tutte le bozze di contratto inviate dalla richiedente essa ha riconosciuto la titolarità del marchio impugnato a nome dei titolari.


A sostegno delle proprie osservazioni, i titolari hanno fornito le seguenti prove:


Doc. 9: Copia dell’istanza di registrazione di trasferimento del MUE contestato presentata dalla richiedente in data 09/02/2017.


Doc 10: Copia di un contratto del 26/09/2016 tra Bum d.o.o e TPK d.o.o relativo al trasferimento del MUE contestato (v. allegato 4).


Doc. 11: Copia di una email del 06/10/2016 inviata dai rappresentanti della richiedente al Sig. Orlović, nella quale quest’ultimi richiedono al Si. Orlović la firma del contratto per il trasferimento della titolarità del MUE contestato.


Doc. 12: Copia di una lettera del 10/11/2016 inviata dai rappresentanti della richiedente alla BUM d.o.o., nella quale la richiedente rivendica, in sostanza, i suoi diritti sulla denominazione “ECONOMIC” e richiede il trasferimento del marchio impugnato a proprio nome.


Doc. 13: Copia di una email del 12/12/2016 inviata dai rappresentanti della richiedente al Sig. Orlović, nella quale la richiedente richiede al Sig. Orlović di siglare l’accordo per il trasferimento del MUE contestato.


Doc. 14: Copia di una email del 26/12/2016 inviata dai rappresentanti della richiedente al Sig. Orlović, nella quale la richiedente richiede al Sig. Orlović informazioni sulla possibilità di acquistare il MUE contestato a fronte del pagamento di un importo.



MOTIVI DI NULLITÀ RELATIVA – Articolo 60, paragrafo 1, lettera b), RMUE, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 3, RMUE e richiesta di assegnazione del MUE contestato (Articolo 21 RMUE)


L’articolo 21, paragrafo 1, RMUE, prevede che se un marchio dell’Unione europea viene registrato senza l'autorizzazione del titolare a nome dell'agente o rappresentante di colui che del marchio è titolare, quest'ultimo ha il diritto di chiedere la cessione del marchio a proprio favore, a meno che l'agente o il rappresentante non giustifichi il proprio modo di agire.


L’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), RMUE dispone che il titolare può presentare domanda di cessione ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo all’Ufficio ai sensi dell'articolo 60, paragrafo 1, lettera b), in luogo della domanda di dichiarazione di nullità.


L’articolo 60, paragrafo 1, lettera b), RMUE stabilisce che su domanda presentata all’Ufficio il marchio dell’Unione europea è dichiarato nullo allorché esiste un marchio di cui all’articolo 8, paragrafo 3, e ricorrono le condizioni previste nello stesso paragrafo.


In conformità dell’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, un marchio sarà escluso dalla registrazione se l’agente o il rappresentante del titolare del marchio presenta la domanda a proprio nome e senza il consenso del titolare, a meno che tale agente o rappresentante non giustifichi il suo modo di agire.


La ratio legis di questa disposizione, inclusa nel RMUE al fine di dare parziale attuazione all’articolo 6 septies della Convenzione di Parigi, è quella di “evitare la sottrazione di un marchio da parte dell’agente del titolare di detto marchio, poiché l’agente potrebbe sfruttare le conoscenze e l’esperienza acquisite durante la relazione commerciale con tale titolare traendo, pertanto, un indebito profitto dal lavoro e dagli investimenti effettuati dallo stesso titolare del marchio” (06/09/2006, T-6/05, First Defense Aerosol Pepper Projector, EU:T:2006:241, § 38).


Dalla formulazione dell’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, e come indicato dalla giurisprudenza, emerge che, affinché un’azione di nullità possa essere accolta su tale fondamento, occorre che: 1) il richiedente la nullità sia il titolare di un marchio anteriore; 2) il titolare del marchio contestato sia o sia stato l’agente o il rappresentante del richiedente; 3) la domanda di registrazione del marchio contestato sia stata depositata a nome dell’agente o del rappresentante senza il consenso del richiedente la nullità e senza che vi siano ragioni legittime che giustifichino la condotta dell’agente o del rappresentante; 4) il deposito riguardi essenzialmente segni e prodotti/servizi identici o simili (13/04/2011, T-262/09, First Defense Aerosol Pepper Projector, EU:T:2011:171, § 61).


Tali condizioni sono cumulative, la mancanza di una sola di esse rende l’articolo 8, paragrafo 3, RMUE inapplicabile.


Nel caso di specie, la richiedente ha addotto tre marchi anteriori registrati a suo nome in Montenegro, Repubblica della Macedonia del Nord e Serbia (allegati 1, 2 e 3).


L’articolo 8, paragrafo 3, RMUE si applica ai «marchi» anteriori di cui si è chiesta la registrazione come marchi dell’Unione europea senza il consenso del legittimo proprietario. Posto che l’articolo 8, paragrafo 2, RMUE si limita a enumerare i tipi di diritti anteriori in base ai quali può essere proposta un’opposizione o una domanda di annullamento in conformità dei paragrafi 1 e 5 del medesimo articolo, esso non si applica ai procedimenti fondati sull’articolo 8, paragrafo 3, RMUE. Pertanto, non può farsi ricorso all’articolo 8, paragrafo 2, RMUE per la definizione della portata territoriale della tutela prevista dall’articolo 8, paragrafo 3, RMUE.


Dunque, in mancanza di qualsiasi altro riferimento a un «territorio di riferimento» nell’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, è irrilevante se i diritti sul marchio anteriore siano sorti nell’Unione europea o no. Difatti, tale disposizione attribuisce anche ai titolari di marchi concessi fuori dall’Unione europea di difendere i loro diritti contro i depositi fraudolenti.


Ne consegue che, ai fini della prima condizione prevista per l’applicazione della norma in parola, i diritti anteriori invocati dalla richiedente rientrano nella nozione di “marchi anteriori” di cui all’articolo 8, paragrafo 3, RMUE.


Tuttavia, nella fattispecie in esame, appare dubbio il ricorrere della seconda condizione prevista dall’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, cioè l’esistenza di un rapporto di agenzia o rappresentanza tra le parti.


Per quanto riguarda i termini «agente» e «rappresentante» di cui all’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, si deve considerare che detti termini devono essere interpretati in senso ampio per abbracciare ogni tipo di rapporto basato su un accordo contrattuale ai sensi del quale una delle parti rappresenti gli interessi dell’altra, a prescindere dal nomen juris del rapporto contrattuale intercorrente tra il titolare o il mandante (nella specie, la richiedente la nullità) ed il richiedente del marchio dell’Unione europea (nella specie, i titolari). È sufficiente, ai fini dell’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, che sia intercorso un accordo di collaborazione d’affari tra le parti, atto a creare un rapporto fiduciario che imponga al titolare del MUE contestato, espressamente o implicitamente, un dovere generale di agire in buona fede e lealmente con riguardo agli interessi del proprietario legittimo del segno. Tuttavia, deve esistere un accordo tra le parti. Se il titolare del MUE contestato ha agito, al momento del deposito, in modo completamente autonomo, senza che sia stato instaurato alcun rapporto con il richiedente la nullità, non può essere considerato un agente ai sensi della disposizione in esame. Così, un semplice acquirente o un cliente del richiedente la nullità non può essere considerato un «agente» o un «rappresentante» ai fini dell’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, in quanto tali persone non sono tenute ad alcun particolare obbligo di buona fede nei confronti del richiedente la nullità (13/04/2011, T‑262/09, First Defense Aerosol Pepper Projector, EU:T:2011:171, § 64).


A tale riguardo, occorre rilevare che l’onere della prova dell’esistenza di un rapporto di rappresentanza grava sul richiedente la nullità (13/04/2011, T‑262/09, First Defense Aerosol Pepper Projector, EU:T:2011:171, § 67).


Orbene, nel caso in esame, la richiedente ha presentato una dichiarazione rilasciata dal proprio direttore e legale rappresentante (allegato 15), il quale attesta che tra il 2012 e il 2016 sia esistito tra le parti un rapporto di distribuzione per il quale le società Bum D.o.o (contitolare del MUE) e Toleranca Jaz In Ti d.o.o - entrambe gestite dal Sig. Orlović (l’altro titolare) e sua moglie - avrebbero distribuito i prodotti della richiedente in Croazia e Slovenia.


Con riguardo alla suddetta dichiarazione, si rileva che al fine di determinarne il valore probatorio è necessario considerare la sua provenienza, in quali circostanze il documento è stato elaborato, a chi è destinato e se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (07/06/2005, T-303/03, Salvita, EU:T:2005:200, § 42; 16/12/2008, T-86/07, Deitech, EU:T:2008:577, § 46). L’articolo 19, paragrafo 2, RDMUE (applicabile ai procedimenti di annullamento in forza dell’articolo 19, paragrafo 2, RDMUE) menziona espressamente le dichiarazioni scritte di cui all’articolo 97, paragrafo 1, lettera f), RMUE, come mezzi istruttori ammissibili. Ciononostante, quanto al valore probatorio di questo tipo di prove, le dichiarazioni redatte dalle parti interessate o dai loro dipendenti ricevono in genere meno peso rispetto alle prove indipendenti, in quanto la percezione di una parte coinvolta in una controversia può essere più o meno influenzata dai suoi interessi personali in materia. Ciò significa che il valore probatorio della dichiarazione di cui all’allegato 15 dipende dalla capacità degli ulteriori documenti prodotti di corroborarne o meno il contenuto.


Ebbene, le ulteriori prove presentate dalla richiedente non forniscono alcun elemento di prova che dimostri l’esistenza di un rapporto di agenzia o rappresentanza tra le parti.


A tale riguardo, sebbene le fatture prodotte (allegati 11 e 12) dimostrino una relazione commerciale tra la richiedente e le società Bum D.o.o (uno dei titolari) e Toleranca Jaz In Ti d.o.o - il cui direttore è l’altro titolare, il Sig. Orlović (allegato 8) - questi documenti non dimostrano che i titolari agivano per conto della richiedente, ma attestano semplicemente l’esistenza di un rapporto venditore-cliente che si è potuto formare senza previo accordo tra loro. Un simile rapporto non è sufficiente per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 3, RMUE (13/04/2011, T‑262/09, First Defense Aerosol Pepper Projector, EU:T:2011:171, § 67; 14/02/2019, T‑796/17, MOULDPRO, EU:T:2019:88, § 33).


Le ulteriori prove fornite includono documenti che mostrano dati di vendita (allegato 5), informazioni sui prodotti della richiedente e sulla sua solvibilità (allegati 9 e 10) che nulla dicono sulla natura del rapporto tra le parti.


Dagli estratti dei siti web delle parti (allegati 6, 7 e 16), oltre a notare che esse utilizzano un nome a dominio identico, si osserva che la pagina web della Bum D.o.o mostra profumi contraddistinti dai marchi figurativi “ECONOMIC”, i quali sono offerti in flaconi pressoché identici a quelli utilizzati dalla richiedente per i propri prodotti. In generale, dal contenuto dei rispettivi siti web, è possibile rilevare che la pagina della contitolare Bum D.o.o riproduce la configurazione grafica del sito web della richiedente. Tuttavia, se da un lato tali circostanze possono suggerire l’intenzione della Bum D.o.o di offrire al pubblico prodotti sostanzialmente identici a quelli della richiedente (o addirittura i prodotti stessi della richiedente), dall’altro le prove agli atti non contengono alcun elemento che suggerisca l’esistenza di un accordo di distribuzione tra le parti.


Per quanto riguarda la documentazione fornita in merito alle trattative aventi ad oggetto il trasferimento del MUE contestato (v. allegato 4, doc. 7-14), oltre a rilevare che la questione è stata oggetto di decisione definitiva del 07/01/2019 nel procedimento n. R0718/2017-1 dinanzi la Prima Commissione di Ricorso, tali documenti riguardano la possibile cessione del MUE contestato tra il 2016 e il 2017 e non menzionano l’esistenza di un contratto di distribuzione tra le parti anteriore al deposito del marchio (10/09/2015).


Discende dalle considerazioni di cui sopra che il motivo di nullità basato sull’articolo 8, paragrafo 3, RMUE non può essere accolto, ostandovi la circostanza che non è possibile concludere che il rapporto tra le parti possa qualificarsi come un rapporto inteso specificamente ed esclusivamente a curare e rappresentare gli interessi della richiedente, con conseguenti “specifici” obblighi di lealtà e correttezza dell’agente o rappresentante. Posto che le condizioni sopra enucleate sono cumulative, l’azione di nullità basata sul motivo di cui all’articolo 60, paragrafo 1, lettera b) in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 3, RMUE deve, pertanto, essere rigettata. Di conseguenza, la domanda di cessione del MUE contestato presentata dalla richiedente ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), RMUE non può essere accolta.


Ad ogni modo, quanto sopra non esclude che in capo ai titolari potessero sorgere doveri di correttezza e buona fede “non specifici”, cioè nascenti dall’essere comunque stati partner commerciale della richiedente. Tale questione formerà oggetto dell’esame del motivo assoluto di nullità dedotto dalla richiedente, la malafede nel deposito.



MOTIVI DI NULLITÀ ASSOLUTA – ARTICOLO 59, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE


Principi generali


L’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE stabilisce che il marchio dell’Unione europea è dichiarato nullo allorché al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede.


Non esiste una definizione giuridica precisa del termine “malafede”, il quale si presta a varie interpretazioni. La malafede è una condizione soggettiva basata sulle intenzioni del richiedente al momento del deposito del marchio dell’Unione europea. In linea generale, le intenzioni in quanto tali non sono soggette a conseguenze giuridiche. Perché sussista malafede, è necessaria in primo luogo un’azione da parte del titolare del marchio dell’Unione europea che rifletta chiaramente un’intenzione disonesta e, in secondo luogo, una norma obiettiva sulla base della quale tale azione può essere misurata e di conseguenza considerata come azione in malafede. Sussiste malafede quando il comportamento del richiedente di un marchio dell’Unione europea si discosta dai principi accettati di comportamento etico o dalle consuetudini commerciali e professionali di lealtà, che può essere accertato valutando i fatti oggettivi di ciascuna fattispecie rispetto a tali standard (Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston del 12/03/2009, C‑529/07, Lindt Goldhase, EU:C:2009:361, § 60)).


Occorre rilevare che l’esistenza della malafede del richiedente al momento del deposito della domanda di marchio dev’essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (11/06/2009, C‑529/07, Lindt Goldhase, EU:C:2009:361, § 37).


L’onere della prova della sussistenza della malafede spetta alla richiedente la nullità; la buona fede è presunta finché non è provato il contrario.



Valutazione della malafede


Nella fattispecie, la richiedente la nullità adduce, in sostanza, che per constatare la malafede dei titolari al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato occorre prendere in considerazione le seguenti circostanze:


  1. La richiedente è titolare di marchi anteriori contraddistinti dall’elemento “ECONOMC” concessi in Montenegro, Repubblica della Macedonia del Nord e Serbia.


  1. Dal 2012 al 2016, le parti hanno intrapreso una collaborazione commerciale per il quale la contitolare Bum D.o.o e la società slovena Toleranca Jaz In Ti d.o.o. (gestita dall’altro titolare del MUE, il Sig. Robert Orlović, e sua moglie) distribuivano i prodotti della richiedente in Croazia e Slovenia.


  1. In data 10/09/2015, i titolari hanno depositato un marchio molto simile a quello della richiedente, nonostante fossero a conoscenza dei diritti sul segno in capo alla stessa richiedente alla luce della rapporto tra le parti. La malafede è inoltre comprovata dall’attività svolta sulla pagina web della contitolare Bum D.o.o, nella quale sono esposti prodotti identici a quelli della richiedente. Da ciò si evince l’intenzione di trarre indebito vantaggio dal segno della richiedente e confondere la clientela sull’origine dei prodotti da essa venduti.


Nella sentenza dell’11/06/2009, Lindt Goldhase (C-529/07, EU:C:2009:361, § 53), la Corte ha dichiarato che, ai fini della valutazione dell’esistenza della malafede della titolare, ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE, occorre prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti propri del caso di specie, in particolare:


  • il fatto che la titolare del MUE contestato sappia o debba sapere che un terzo utilizza, almeno in uno Stato membro, un segno identico o simile per un prodotto identico o simile e confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione;


  • l’intenzione della titolare del MUE contestato di impedire a tale terzo di continuare ad utilizzare un siffatto segno;


  • il grado di tutela di cui godono il segno del terzo ed il segno di cui viene chiesta la registrazione.


In merito a quest’ultimo punto, occorre valutare e mettere a confronto il rispettivo grado di tutela giuridica acquisito sul segno dalla richiedente la nullità e dalla titolare del MUE contestato (11/06/2009, Lindt Goldhase, C-529/07, EU:C:2009:361, § 53).


A tale riguardo, le prove e i fatti agli atti attestano che, al momento del deposito della domanda di registrazione del MUE contestato, la richiedente la nullità era titolare di diritti di marchio in Montenegro (marchio n. 12 686), Repubblica della Macedonia del Nord (marchio n. 20 898) e Serbia (marchio n. 60 603) per il seguente segno figurativo, concesso per prodotti di toiletteria:



La documentazione agli atti, inoltre, dimostra che il segno anteriore è stato oggetto di uso da parte della richiedente attraverso la vendita di profumi in Croazia, Romania e Slovenia tra il 2012 e il 2016 (allegati 11-13). In particolare, dal contenuto delle fatture prodotte, emerge che la richiedente ha venduto i suoi prodotti alla contitolare del MUE contestato, la Bum d.o.o, dal 18/10/2012 al 04/12/2014 (allegato 11), e alla società slovena Toleranca Jaz In Ti d.o.o., impresa gestita dall’altro contitolare, il Sig. Robert Orlović, e sua moglie (allegato 8), dal 27/01/2014 al 27/07/2016 (allegato 12).


Nelle loro osservazioni, i titolari sostengono, in sostanza, che i marchi anteriori in capo alla richiedente non sono in grado di concedere a quest’ultima una tutela prevalente sulla denominazione “ECONOMIC PARFEMI” alla luce delle differenze tra i segni. Le medesime differenze, a detta dei titolari, sussistono anche con rispetto al segno che appare nelle fatture, che consiste nella parola “Ekonomik”.


Su tale punto, va preliminarmente osservato che, sebbene l’identità o la somiglianza dei segni non sono di per sé sufficienti a provare la malafede, il fatto che il MUE contestato sia identico o confondibile con un segno cui fa riferimento la richiedente la nullità può costituire un elemento significativo per una conclusione di malafede (01/02/2012, T 291/09, Pollo Tropical chicken on the grill, EU:T:2012:39, § 90; 28/01/2016, T 335/14, Doggis, EU:T:2016:39, § 59-60).


Nella specie, si osserva che, sebbene il MUE contestato non sia identico al segno fatto valere dalla richiedente, la parola “ECONOMIC” - che costituisce l’unico elemento verbale del segno anteriore, nonché l’elemento oggetto di maggiore attenzione da parte del consumatore rispetto l’ulteriore componente figurativa (14/07/2005, T 312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289) - è interamente riprodotta nel marchio impugnato, al quale è stata aggiunto il termine “PARFEMI”, il quale, come correttamente rilevato dalla richiedente, con riferimento ai prodotti nella classe 3 e ai servizi ad essi relativi nella classe 35, contiene una connotazione non distintiva perlomeno in lingua croata e ceca. Ne consegue che tra i segni in esame sussistono evidenti somiglianze.


Inoltre, sebbene i titolari contestino anche le analogie presenti tra il segno citato nelle fatture e il MUE contestato, la Divisione di Annullamento ritiene che i profumi “Ekonomik” indicati nelle fatture corrispondono ai prodotti recanti il segno anteriore figurativo “ECONOMIC”. Dal contenuto dell’ulteriore documentazione versata, in particolare dal certificato “CPNP” (allegato 9) e dalle immagini dei prodotti della richiedente (allegati 6 e 7), si evince che i prodotti da questa commercializzati sono contraddistinti dall’uso della parola “ECONOMIC” e dai marchi anteriori nella forma registrata. Pertanto, come la stessa richiedente spiega, è possibile ritenere che l’uso della dicitura “Ekonomik” nelle fatture e nella documentazione ad esse allegata sia dipeso dalla lingua in uso nei paesi in cui risiedono i suoi clienti.


Ciò detto, tenuto conto che le fatture prodotte dimostrano che nel biennio 2012-2014 esisteva un rapporto venditore-cliente tra le parti avente ad oggetto la vendita di profumi recanti il segno anteriore alla contitolare Bum d.o.o e alla società Toleranca Jaz In Ti d.o.o. (entrambe gestite dall’altro contitolare, il Sig. Orlović), è ragionevole sostenere che i titolari avevano conoscenza dell’esistenza dei marchi anteriori della richiedente quando hanno presentato la loro domanda di registrazione del marchio contestato.


Ad ogni modo, per valutare l’eventuale malafede della titolare alla data del deposito, occorre esaminare le sue intenzioni, in quanto la conoscenza della titolare in merito all’uso del segno anteriore non è, di per sé, una circostanza sufficiente perché si possa presumere la malafede di quest’ultima (11/06/2009, Lindt Goldhase, C-529/07, EU:C:2009:361, § 40). Tali intenzioni possono essere dedotte dalle circostanze oggettive e dal suo operato concreto, dal ruolo o dalla posizione rivestita, dalle relazioni di natura contrattuale, precontrattuale o post-contrattuale che intratteneva con la richiedente la nullità, dall’esistenza di doveri o obblighi reciproci, inclusi quelli di lealtà e di correttezza [che ne scaturiscono] … e, più in generale, da tutte le situazioni oggettive di conflitto d’interessi in cui il richiedente il marchio si è trovato ad operare (11/07/2013, T‑321/10, Gruppo Salini, EU:T:2013:372, § 28). Inoltre, nell’ambito dell’analisi globale effettuata ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE, occorre tener conto dell’origine del MUE contestato e del suo utilizzo a partire dalla sua creazione, della logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea nonché della cronologia degli avvenimenti che hanno caratterizzato detto deposito (26/02/2015, Colourblind, T-257/11, EU:T:2015:115, § 68; 11/07/2013, Gruppo Salini, T-321/10, EU:T:2013:372, § 23).


A tal riguardo, si osserva che malgrado nell’ambito dell’analisi dei motivi relativi di cui all’articolo 8, paragrafo 3, RMUE, non è stato rilevato che tra la richiedente e i titolari esistesse un rapporto “agente-rappresentante”, allo stesso tempo è stato concluso che vi fosse una relazione “venditore-cliente” tra le parti. Come menzionato nella sezione precedente della presente decisione, il fatto che in capo ai titolari non fossero sorti obblighi di lealtà e correttezza nella veste di agente o rappresentante, ciò non esclude che in capo ai titolari potessero sorgere doveri di correttezza e buona fede nascenti dall’essere comunque stati clienti della richiedente.


Nella fattispecie, è stato rilevato come al momento del deposito della registrazione contestata la richiedente fosse titolare di diritti anteriori su un marchio assai simile al MUE contestato e che, inoltre, essa forniva ai titolari prodotti recanti il segno, i quali pertanto avevano conoscenza dei segni anteriori.


Tale conclusione è ancora più evidente, in quanto esiste un’identità, o quanto meno una quasi identità, tra il marchio figurativo anteriore della richiedente e il segno utilizzato dai titolari sul sito Internet www.economicparfemi.hr/hr:


www.economicparfemi.com/sr

www.economicparfemi.hr/hr




Tale identità, che si aggiunge alla forte somiglianza tra i suddetti marchi anteriori e il MUE contestato e al rapporto commerciale tra le parti, non può essere manifestatamente casuale (v., per analogia, 28/01/2016, T‑335/14, Doggis, EU:T:2016:39, § 60).


I fatti sopra esposti e comprovati dalla richiedente mostrano che, al momento del deposito del MUE contestato, sussisteva un rapporto commerciale tra la richiedente, il Sig. Orlović e le società a lui facenti capo, inclusa la contitolare Bum d.o o, tale da lasciar intendere che fosse corretto aspettarsi che il Sig. Orlović, personalmente o tramite società a lui riferibili (come la contitolare Bum d.o o) si astenesse dal presentare una domanda di registrazione per un marchio molto simile ai segni su cui la richiedente vantava diritti anteriori e apposti sui prodotti venduti da quest’ultima agli stessi titolari (v. in tal senso, 13/12/2004, R 582/2003-4 - “East Side Mario’s”, § 23).


Da tutti i suesposti rilievi e da una valutazione complessiva di tutti i fattori pertinenti, la situazione oggettiva che emerge dalla fattispecie in esame è quella in cui un segno distintivo è stato usurpato alla legittima proprietaria. Inoltre, il fatto che i titolari espongano sul proprio sito Intenet prodotti recanti un marchio identico al segno della richiedente, riproducendo, in sostanza, la configurazione grafica della pagina web della stessa richiedente, tende a corroborare la valutazione secondo la quale essi hanno cercato di usurpare i diritti della richiedente. Dalle prove appare, difatti, che la condotta dei titolari sia finalizzata a abusare dell’uso anteriore dei marchi della richiedente, nonché di sviare il pubblico circa l’origine commerciale dei prodotti coperti dal segno. La circostanza che, al fine di interrompere tale condotta la richiedente abbia inviato lettere richiedendo alla titolare la cessione del MUE contestato appare conseguente all’intenzione della richiedente di riappropriarsi di un diritto che essa considera le sia stato usurpato. Difatti, la questione relativa all’istanza presentata dalla richiedente per il trasferimento del marchio impugnato, come detto, è stata già oggetto di decisione del 07/01/2019 nel procedimento n. R0718/2017-1 dinanzi la Prima Commissione di Ricorso, e non appare essere rilevante nella fattispecie in esame posto che le trattative tra le parti per la possibile cessione del MUE risalgono ad almeno un anno dopo il deposito del marchio (10/09/2015).


Di conseguenza, si conclude che i titolari hanno agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE.



Conclusioni


Alla luce di quanto sopra, posto che la malafede all’atto del deposito di un marchio dell’UE conduce alla nullità della registrazione nella sua interezza (11/07/2013, T-312/10, Gruppo Salini, EU:T:2013:372, § 48), la Divisione di Annullamento conclude che la domanda è accolta nella sua totalità e che il MUE contestato deve essere dichiarato nullo per tutti i prodotti e servizi contestati, sebbene una parte di essi, vale a dire i prodotti contestati nella classe 16 non presentino affinità con i prodotti coperti dai marchi invocati dalla richiedente né con i prodotti per i quali tali segni sono stati utilizzati. D’altronde, nel caso di una domanda di dichiarazione di nullità fondata sull’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), RMUE non si chiede necessariamente che la richiedente la nullità sia titolare di un marchio anteriore per prodotti o servizi identici o simili (12/09/2019, C‑104/18 P, STYLO & KOTON (fig.), EU:C:2019:724, § 53) e la questione della malafede deve essere esaminata valutando l’intenzione dei titolari al momento in cui richiedevano la registrazione del MUE contestato, a prescindere dalla identità e somiglianza tra tutti i prodotti e servizi in esame (v. 12/09/2019, C‑104/18 P, STYLO & KOTON (fig.), EU:C:2019:724, § 61).



SPESE


Ai sensi dell’articolo 109, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in una procedura di annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.


Poiché risulta soccombente, i titolari del marchio dell’Unione europea devono sopportare l’onere delle tasse di annullamento nonché tutte le spese sostenute dal richiedente nel corso di tale procedimento.


Ai sensi dell’articolo 109, paragrafi 1 e 7, RMUE e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), punto ii), REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono la tassa di annullamento e le spese di rappresentanza, che devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.




La Divisione di Annullamento



Jessica LEWIS

Pierluigi M. VILLANI

Ana MUÑIZ RODRIGUEZ



Ai sensi dell'articolo 67 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell'articolo 68 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all'Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.


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