SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

13 ottobre 2017 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo CONTADO DEL GRIFO – Marchio dell’Unione europea figurativo anteriore EL GRIFO – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T-434/16,

Sensi Vigne & Vini Srl, con sede in Lamporecchio (Italia), rappresentata inizialmente da F. Caricato, successivamente da M. Cartella e B. Cartella, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da J. Crespo Carrillo, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:

El Grifo, SA, con sede in San Bartolomé de Lanzarote (Spagna),

avente ad oggetto il ricorso presentato contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO, del 25 maggio 2016 (procedimento R 2218/2015-2), relativa a un procedimento di opposizione tra la El Grifo e la Sensi Vigne & Vini,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, I.S. Forrester e E. Perillo (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 luglio 2016,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2016,

visto che le parti non hanno presentato, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 28 agosto 2013 la Sensi Vigne & Vini Srl, ricorrente, ha presentato domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 33 ai sensi dell’accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Vini; spiriti; liquori; bevande alcoliche escluse le birre».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 196/2013, del 15 ottobre 2013.

5        Il 10 gennaio 2014 la El Grifo, SA ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), avverso la registrazione del marchio richiesto per i prodotti indicati al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sui seguenti marchi anteriori:

–        il marchio denominativo spagnolo n. 600709 EL GRIFO depositato il 28 ottobre 1969 e registrato il 21 luglio 1972, debitamente rinnovato, che designa i prodotti rientranti nella classe 33 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Vini; spiriti; liquori»;

–        il marchio figurativo spagnolo n. 2314983 depositato il 15 maggio 2000 e registrato il 6 novembre 2000, che designa i prodotti rientranti nella classe 33 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Bevande alcoliche (escluse le birre)», di seguito riprodotto:

–        il marchio figurativo dell’Unione europea n. 11212602 depositato il 25 settembre 2012 e registrato il 5 febbraio 2013, che designa i prodotti rientranti nella classe 33 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Vini; bevande alcoliche (escluse le birre)», di seguito riprodotto:

7        Gli impedimenti addotti a sostegno dell’opposizione erano quelli contemplati all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001).

8        Il 7 settembre 2015 la divisione di opposizione, per ragioni di economia processuale, ha esaminato l’opposizione sulla base del marchio dell’Unione europea figurativo anteriore n. 11212602 e ha accolto l’opposizione per tutti i prodotti contestati.

9        Il 6 novembre 2015 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001), avverso la decisione della divisione di opposizione.

10      Con decisione del 25 maggio 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso.

11      In primo luogo, la commissione di ricorso ha considerato che il pubblico di riferimento, trattandosi nel caso di specie di prodotti registrati nella classe 33, era rappresentato dal consumatore medio dell’Unione europea, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

12      In secondo luogo, per quanto concerne il confronto tra i prodotti, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore e quelli contraddistinti dal marchio contestato fossero identici, non essendo pertinente il criterio della qualità dei vini effettivamente commercializzati con tali marchi.

13      In terzo luogo, per quanto riguarda il carattere distintivo degli elementi del marchio contestato, essa ha considerato, in sostanza, che il termine «grifo» aveva un carattere distintivo normale con riferimento ai prodotti controversi e che il termine «contado» e la raffigurazione di una residenza agricola e di uno stemma avevano carattere distintivo debole. Quanto al carattere distintivo del marchio anteriore, quest’ultimo aveva, secondo la commissione di ricorso, un carattere distintivo normale.

14      Per quanto concerne il confronto tra i marchi in conflitto, essa ha considerato anzitutto che detti marchi erano simili sul piano visivo, segnatamente perché l’elemento denominativo del marchio anteriore era integralmente incluso nel marchio contestato. Inoltre, essa ha ritenuto che i segni presentassero una somiglianza certa sul piano fonetico. Infine, sul piano concettuale essa ha considerato che, per la parte del pubblico di riferimento che intende il termine «grifo» nel senso che rinvia a un animale leggendario, i marchi controversi erano concettualmente simili, con una differenza concettuale parziale, che va temperata per il pubblico italofono, legata alla comprensione del termine «contado».

15      In quarto luogo, per quanto concerne la valutazione globale del rischio di confusione, la commissione di ricorso ha considerato che, tenuto conto dell’identità dei prodotti in discussione, della notevole identità visiva e fonetica dell’elemento comune «grifo» dei marchi in conflitto, del carattere distintivo normale del marchio anteriore e del livello di attenzione medio del pubblico di riferimento, vi era il rischio che il pubblico di riferimento potesse credere che i prodotti confrontati provenissero dalla medesima impresa o, almeno, da due imprese economicamente legate tra loro.

 Conclusioni delle parti

16      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        riformare la decisione impugnata statuendo nel merito a favore della registrazione del marchio dell’Unione europea n. 012097416 depositato il 28 agosto 2013;

–        condannare l’EUIPO alle spese, comprese quelle del procedimento dinanzi ad esso.

17      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

18      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

19      La ricorrente fa valere che, per quanto riguarda la disposizione citata al precedente punto 18, la commissione di ricorso è incorsa in più errori di fatto e di diritto. Detto motivo di ricorso verte, in sostanza, sull’erronea analisi del rischio di confusione tra i marchi; sull’erronea valutazione del termine «grifo»; sull’erronea analisi della somiglianza tra i prodotti nonché sull’erronea valutazione del pubblico di riferimento.

20      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

21      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Ai sensi di tale medesima giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T-162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

22      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto che un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T-316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

23      Dopo aver richiamato il suddetto contesto normativo, è opportuno esaminare ora l’unico motivo dedotto dalla ricorrente, iniziando dall’ultima censura da essa proposta, secondo la quale, nel caso di specie, l’EUIPO avrebbe erroneamente valutato la nozione di pubblico di riferimento.

 Sul pubblico di riferimento

24      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia, si deve anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T-256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

25      Ai punti 16 e 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha delimitato sul piano geografico il territorio di riferimento a quello dell’Unione europea.

26      Per quanto riguarda il livello di attenzione del pubblico di riferimento, la commissione di ricorso, ai punti 18 e 19 della decisione impugnata, ha considerato che il pubblico di riferimento era il consumatore medio dell’Unione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

27      La ricorrente ritiene, invece, che il consumatore di riferimento sia un consumatore attento che sa distinguere la provenienza, la natura, la qualità e l’immagine dei due vini. Essa rammenta altresì che il vino di cui trattasi, essendo un vino di qualità, potrà essere degustato in occasioni importanti e non in quanto bevanda da consumazione veloce, il che implica, a suo avviso, una particolare attenzione prestata dal consumatore nello scegliere la bottiglia di vino.

28      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

29      In primo luogo, occorre rilevare che i vini e le bevande alcoliche rientranti nella classe 33 sono prodotti destinati, in generale, al grande pubblico dell’Unione, poiché sono normalmente oggetto di distribuzione generalizzata, che va dal reparto alimentari dei grandi magazzini ai ristoranti e ai bar, e si tratta di prodotti di consumo corrente, il cui pubblico di riferimento è il consumatore medio dei prodotti di largo consumo [sentenza del 14 maggio 2013, Masottina/UAMI – Bodegas Cooperativas de Alicante (CA’ MARINA), T-393/11, non pubblicata, EU:T:2013:241, punto 24; v. anche, in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, DMC/EUIPO – Etike’’ International (De Giusti ORGOGLIO), T-18/16, non pubblicata, EU:T:2017:85, punto 24]. In secondo luogo, i consumatori di alcolici fanno parte del grande pubblico, che si presume sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, e che dimostra in generale un livello di attenzione medio [sentenze del 9 marzo 2012, Ella Valley Vineyards/UAMI – HFP (ELLA VALLEY VINEYARDS), T-32/10, EU:T:2012:118, punto 25; del 14 maggio 2013, CA’’ MARINA, T-393/11, non pubblicata, EU:T:2013:241, punto 24; del 21 maggio 2015, Wine in Black/UAMI – Quinta do Noval-Vinhos (Wine in Black), T-420/14, non pubblicata, EU:T:2015:312, punto 16, e del 16 febbraio 2017, ’De Giusti ORGOGLIO, T-18/16, non pubblicata, EU:T:2017:85, punto 24].

30      Di conseguenza, alla luce altresì della giurisprudenza costante del giudice dell’Unione in materia citata al precedente punto 29, si deve dichiarare che, nel caso di specie, il pubblico di riferimento è il consumatore medio dell’Unione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. A tal riguardo, l’affermazione della ricorrente secondo cui il marchio richiesto rappresenterebbe un prodotto di prestigio o di alta qualità è irrilevante, dato che la definizione del pubblico di riferimento va valutata rispetto ai prodotti e servizi indicati nella registrazione del marchio controverso, nel caso di specie i vini.

31      Pertanto, si deve respingere la censura della ricorrente, in quanto la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore nell’affermare che il pubblico di riferimento era il consumatore medio dell’Unione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

 Sul confronto tra i prodotti

32      Al punto 22 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha confermato la posizione della divisione di opposizione e ha ritenuto che i prodotti contraddistinti dai marchi controversi fossero identici. Infatti, al fine di valutare la somiglianza dei prodotti di cui trattasi, la commissione di ricorso ha ritenuto che, conformemente alla giurisprudenza, si dovesse tener conto del gruppo di prodotti come protetto dai marchi in conflitto e non dei prodotti effettivamente commercializzati con tali marchi.

33      La ricorrente sostiene, per contro, che i due vini di cui trattasi, tenuto conto della loro natura e delle loro diverse proprietà, non potrebbero essere confusi, dal momento che il suo vino è un chianti, ossia un vino rosso, che ha ottenuto la denominazione di origine controllata, mentre l’altro vino è una malvasia bianca. Inoltre, l’immagine stessa dei due vini sarebbe diversa, poiché il vino di cui al marchio anteriore comunicherebbe un messaggio allegro, mentre il vino della ricorrente trasmetterebbe un’immagine robusta e tradizionale. Pertanto essa conclude, in sostanza, che il mero fatto che i prodotti rientrino nella stessa classe dell’accordo di Nizza non significa che i prodotti possano essere confusi, in quanto le classi includono un’ampia varietà di prodotti. Peraltro, la ricorrente sottolinea che il mercato di riferimento sarebbe sostanzialmente diverso, dal momento che il vino del marchio anteriore è distribuito in Spagna e non in Italia.

34      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

35      Dopo aver richiamato le posizioni delle parti, è opportuno rilevare che la ricorrente contesta in definitiva che i prodotti in esame siano identici, per il motivo che, in sostanza, le loro proprietà intrinseche sarebbero totalmente diverse.

36      Orbene, è sufficiente in proposito rilevare che, conformemente a una giurisprudenza consolidata, al fine di valutare la somiglianza dei prodotti in esame, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, si deve prendere in considerazione il gruppo di prodotti tutelato dai marchi in conflitto e non i prodotti effettivamente commercializzati con tali marchi [sentenze del 16 giugno 2010, Kureha/UAMI – Sanofi-Aventis (KREMEZIN), T-487/08, non pubblicata, EU:T:2010:237, punto 71, e del 17 gennaio 2012, Kitzinger/UAMI – Mitteldeutscher Rundfunk e Zweites Deutsches Fernsehen (KICO), T-249/10, non pubblicata, EU:T:2012:7, punto 23].

37      Infatti, dall’articolo 26, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 risulta che la domanda di marchio dell’Unione europea deve contenere l’elenco dei prodotti per i quali si richiede la registrazione e che l’elenco dei prodotti deve essere redatto in modo tale da far risaltare chiaramente la loro natura. Di conseguenza, spetta a colui che richiede la registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea indicare, nella sua domanda, l’elenco dei prodotti per i quali si richiede la registrazione e fornire, per ciascuno di detti prodotti, una descrizione che faccia risaltare chiaramente la sua natura [sentenza del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T-304/06, EU:T:2008:268, punto 23]. Se tali disposizioni impongono che i prodotti per i quali è chiesta la tutela del marchio dell’Unione europea siano individuati dal richiedente con sufficiente chiarezza e precisione, è proprio per consentire all’EUIPO e agli operatori economici, sulla base della sola domanda, di determinare l’estensione della protezione richiesta [sentenza del 27 febbraio 2014, Advance Magazine Publishers/UAMI – López Cabré (VOGUE), T-229/12, non pubblicata, EU:T:2014:95, punto 36].

38      Inoltre, si deve del pari ricordare che l’analisi del rischio di confusione tra due marchi, ossia il rischio che il pubblico di riferimento possa essere indotto in errore quanto all’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi, non può dipendere dalle intenzioni commerciali, realizzate o meno, e per loro natura soggettive, dei titolari o dei richiedenti dei marchi interessati, trattandosi di un’analisi che persegue un obiettivo generale, quello, per l’appunto, della protezione del pubblico di riferimento [sentenza del 12 gennaio 2006, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), T-147/03, EU:T:2006:10, punto 104].

39      Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza summenzionata, occorre in primo luogo respingere l’argomento della ricorrente relativo alla differenza di qualità e di immagine tra i due prodotti di cui trattasi, dato che tale elemento non va preso in considerazione ai fini della valutazione della loro somiglianza o identità, in quanto detta analisi deve essere svolta con riferimento all’elenco dei prodotti come redatto nella domanda di registrazione. Inoltre, si deve parimenti respingere, in quanto inoperante, l’argomento riguardante la differenza tra i mercati di riferimento, dal momento che i marchi controversi designano l’Unione.

40      Occorre, in secondo luogo, respingere anche l’argomento secondo cui la commissione di ricorso, per concludere che i prodotti di cui trattasi erano identici, si sarebbe basata soltanto sulla loro appartenenza alla medesima classe. Infatti, dalla decisione della divisione d’opposizione, che è stata confermata dalla commissione di ricorso, risulta che i fattori rilevanti sono stati esaminati caso per caso, essendo la classificazione di Nizza redatta a fini esclusivamente amministrativi.

41      A tal riguardo è sufficiente rilevare altresì che i prodotti cui fa riferimento il marchio richiesto, ossia i «vini», gli «spiriti», i «liquori» e le «bevande alcoliche escluse le birre», sono identici ai «vini» e alle «bevande alcoliche (escluse le birre)» designati dal marchio anteriore.

42      Pertanto, si deve respingere la censura della ricorrente, poiché la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore nell’affermare che i prodotti contestati, tenuto conto del tenore dell’elenco dei prodotti, erano identici.

 Sul confronto tra i segni

 Sul carattere dominante e distintivo degli elementi dei marchi controversi

43      Conformemente alla giurisprudenza, in sede di valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle peculiarità intrinseche di ciascuna di tali componenti, paragonandole con quelle delle altre componenti. Inoltre, ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle varie componenti nella configurazione del marchio complesso [sentenza del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T-6/01, EU:T:2002:261, punto 35, confermata a seguito di impugnazione dall’ordinanza del 28 aprile 2004, Matratzen Concord/UAMI, C-3/03 P, EU:C:2004:233].

44      Ai punti 29 e 30 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che il marchio anteriore non aveva elementi che potessero essere considerati come manifestamente dominanti, mentre, con riferimento al marchio contestato, essa ha ritenuto che l’elemento denominativo «contado del grifo» fosse la parte che più attirava l’attenzione del consumatore.

45      La ricorrente ritiene, in primo luogo e in sostanza, che l’immagine di un grifone stilizzato su tutta l’etichetta della bottiglia di vino sia l’effettivo elemento di attrazione del marchio anteriore, il quale è composto anche dall’elemento denominativo «el grifo», che richiama il grifone, un animale immaginario.

46      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

47      Per quanto concerne le peculiarità di ciascuna delle componenti determinate di un marchio complesso (v. precedente punto 43), occorre rilevare che, nel caso di specie, nessuna delle due componenti del marchio anteriore colpisce sul piano visivo più dell’altra, essendo il marchio anteriore un marchio figurativo composto dall’elemento denominativo «el grifo» raffigurato in grassetto, che occupa metà della superficie, e da un elemento figurativo, situato al di sopra dell’elemento denominativo, raffigurante un animale immaginario visto di profilo, con tre code e tre zampe, che occupa l’altra metà della superficie.

48      Pertanto, si deve dichiarare che il marchio anteriore non presenta alcun elemento dominante e respingere, quindi, l’argomento della ricorrente.

49      Per quanto riguarda, poi, il marchio richiesto, è opportuno rilevare che l’elemento denominativo «contado del grifo» è la parte del segno che più attira lo sguardo del consumatore. Inoltre, trattandosi di un vino, la commissione di ricorso ha ritenuto correttamente che la rappresentazione di una residenza agricola circondata da vigneti non costituisse un elemento che permetteva al pubblico di riferimento di ricordare la suddetta componente figurativa come dominante l’immagine che tale pubblico avrebbe conservato del marchio richiesto. I consumatori sono abituati, infatti, a designare e a riconoscere i vini in funzione dell’elemento denominativo che serve ad identificarli, elemento che designa in particolare il viticoltore o la proprietà su cui i vini sono prodotti [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2005, Murúa Entrena/UAMI – Bodegas Murúa (Julián Murúa Entrena), T-40/03, EU:T:2005:285, punto 56].

50      Per quanto riguarda, poi, il carattere distintivo dei diversi elementi dei marchi, occorre rilevare che, ai punti da 31 a 33 e 37 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che, con riferimento al marchio richiesto, il termine «grifo» presentasse un carattere distintivo normale. Essa ha del pari considerato che la parte del pubblico di riferimento di lingua latina avrebbe inteso il termine nel senso che richiama l’animale immaginario, ossia il grifone, che il pubblico ispanofono avrebbe inteso detto termine nel senso di «rubinetto», mentre il resto del pubblico non gli avrebbe attribuito alcun significato particolare.

51      La commissione di ricorso ha considerato altresì che il termine «contado» sarebbe stato inteso dal pubblico italofono nel senso di «zona attorno ad una città» e che, tenuto conto del fatto che detto termine sarebbe associato alla nobiltà del sito e che la viticoltura era tradizionalmente legata a detta peculiarità, il termine «contado» dovrebbe essere ritenuto debolmente distintivo, almeno per i vini. Quanto, poi, all’elemento figurativo di una residenza agricola e di uno stemma, la commissione di ricorso ha del pari considerato che essi avevano carattere distintivo debole in quanto usati abitualmente in tale settore.

52      La ricorrente sostiene, in secondo luogo, che non può essere rivendicato alcun diritto di esclusiva su denominazioni di uso corrente tra le lingue latine, come «grifo», dal momento che le leggende e le storie legate a quest’ultimo nella tradizione europea non possono essere prerogativa commerciale di una sola impresa. Inoltre, in Italia svariati marchi rientranti nella classe 33 presenterebbero già la denominazione «grifo» e, nel mercato del vino, i marchi contenenti simboli araldici che fanno riferimento ad animali leggendari sarebbero di uso corrente.

53      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

54      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo all’asserito carattere debolmente distintivo del termine «grifo», in quanto esso sarebbe utilizzato frequentemente per prodotti rientranti nella classe 33, si deve sottolineare che non è dimostrata la validità del suddetto argomento. L’unico elemento di prova addotto dalla ricorrente a sostegno del suo argomento è dato da alcuni marchi esistenti in Italia e contenenti il termine «grifo», registrati per prodotti rientranti nella classe 33.Orbene, la mera elencazione di un numero relativamente limitato di marchi, senza alcuna indicazione pertinente che consenta di valutare la conoscenza che di essi ha il pubblico di riferimento, non consente di ravvisare un collegamento, nella mente del suddetto pubblico, tra il termine «grifo» e detti prodotti [v., in tal senso, sentenze del 13 aprile 2011, Sociedad Agricola Requingua/UAMI – Consejo Regulador de la Denominación de Origen Toro (TORO DE PIEDRA), T-358/09, non pubblicata, EU:T:2011:174, punto 35, e dell’8 marzo 2013, Mayer Naman/UAMI – Daniel e Mayer (David Mayer), T-498/10, non pubblicata, EU:T:2013:117, punto 77]. I documenti allegati al fascicolo non dimostrano neanch’essi che i consumatori siano stati esposti a un uso molto diffuso e che si siano abituati a marchi contenenti l’elemento «grifo». Inoltre, occorre ricordare, come ha fatto la commissione di ricorso al punto 36 della decisione impugnata, che il fattore pertinente per contestare il carattere distintivo di un elemento consiste nella sua presenza effettiva nel mercato e non in registri o banche dati, come gli esempi menzionati dalla ricorrente.

55      Del pari, la ricorrente non ha nemmeno fornito la prova del fatto che la denominazione «grifo» fosse di uso corrente nelle lingue latine, tanto più che esse rappresentano solo una parte del pubblico di riferimento. La titolare del marchio anteriore non ha, poi, rivendicato alcun diritto di esclusiva esteso al termine «grifo», ma solo sulla combinazione tra i diversi elementi del marchio anteriore. Pertanto, si deve dichiarare che l’elemento denominativo «grifo», comune ai due marchi, è normalmente distintivo, non avendo tale termine alcun significato per la maggior parte del pubblico di riferimento e non essendo esso né descrittivo né allusivo quanto al prodotto.

56      Si deve altresì condividere l’analisi della commissione di ricorso, peraltro non contestata dalla ricorrente, in merito al carattere distintivo debole, per il pubblico italofono, del termine «contado» e al carattere distintivo normale del marchio richiesto.

57      Infine, per quanto riguarda il carattere distintivo degli elementi che compongono il marchio anteriore, si deve rilevare che l’elemento figurativo del marchio anteriore è un animale immaginario stilizzato che assomiglia a un drago o a un grifone. Si tratta, quindi, di un logo originale ed elaborato, che non è descrittivo del prodotto; inoltre, la ricorrente non ha dimostrato che, nella categoria dei prodotti di cui trattasi, la presenza di tale tipo di raffigurazione sia abituale. Di conseguenza, il suddetto elemento figurativo deve essere considerato come normalmente distintivo. La stessa valutazione deve essere svolta per l’elemento denominativo «el grifo», che è del pari normalmente distintivo.

 Sul carattere distintivo del marchio anteriore nel suo insieme

58      Come risulta dal considerando 8 del regolamento n. 207/2009, la valutazione del rischio di confusione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà che il marchio ha, per il pubblico, sul mercato rilevante. Poiché il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà presso il pubblico, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (v., per analogia, sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C-251/95, EU:C:1997:528, punto 24; del 29 settembre 1998, Canon, C-39/97, EU:C:1998:442, punto 18, e del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C-342/97, EU:C:1999:323, punto 20).

59      Per determinare il carattere distintivo di un marchio e, quindi, valutare se esso abbia un carattere distintivo elevato, il giudice deve valutare globalmente la maggiore o minore idoneità del marchio a identificare i prodotti o servizi per i quali è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e quindi a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese (sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C-342/97, EU:C:1999:323, punto 22).

60      Orbene, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di analisi allorché ha considerato, al punto 37 della decisione impugnata, che il marchio anteriore aveva un carattere distintivo normale in considerazione, da un lato, del fatto che il titolare di tale marchio non aveva fatto valere che il suo marchio era particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà e, dall’altro lato, del carattere normalmente distintivo dei suoi elementi denominativo e figurativo.

 Sulla somiglianza tra i segni

61      È pacifico che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti controversi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

62      Inoltre, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi controversi, considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C-193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 42). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C-193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

63      Orbene, la ricorrente fa valere, a tal riguardo, che i marchi controversi sono sostanzialmente diversi. Inoltre, secondo la ricorrente la giurisprudenza del Tribunale avrebbe, da un lato, escluso la possibilità di un rischio di confusione tra marchi denominativi e marchi complessi, facendo prevalere l’elemento figurativo, e, dall’altro, avrebbe dichiarato che un marchio complesso non poteva essere considerato come «simile ad un altro marchio che è identico o simile ad uno soltanto degli elementi del marchio complesso, a meno che tale componente non costituisca l’elemento dominante nell’impressione generale creata dal marchio complesso».

64      Tuttavia, si deve rilevare che tale censura non è fondata. Infatti, mediante il suddetto argomento la ricorrente sottintende che, secondo la giurisprudenza del Tribunale, nell’ambito di qualsiasi confronto di tale tipo dovrebbe prevalere l’elemento figurativo. Orbene, la sentenza del 15 giugno 2005, Shaker/UAMI – Limiñana y Botella (Limoncello della Costiera Amalfitana shaker) (T-7/04, EU:T:2005:222), su cui si fonda la ricorrente, è stata annullata dalla Corte di giustizia e, oltretutto, i fatti del caso di specie erano diversi: nella citata sentenza, si trattava di confrontare un marchio complesso con un marchio denominativo mentre, nel caso di specie, si tratta di confrontare due marchi complessi.

65      La ricorrente sostiene tuttavia che, in base alla giurisprudenza del Tribunale, un marchio complesso non può essere considerato come analogo a un altro marchio, che è identico o analogo a una delle componenti del marchio complesso, a meno che tale componente non costituisca l’elemento dominante nell’impressione generata dal marchio complesso nel suo insieme.

66      Orbene, a tal riguardo è opportuno rilevare che la ricorrente continua a limitare il suo ragionamento sulla somiglianza tra i marchi controversi all’analisi, ancora una volta, del loro elemento dominante, senza svolgere una valutazione globale di detti marchi, mentre siffatta valutazione, come confermato dalla giurisprudenza costante citata al precedente punto 58, non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi di cui trattasi, ciascuno nel suo complesso (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2002, MATRATZEN, T-6/01, EU:T:2002:261, punto 34).

67      Le censure della ricorrente non possono comunque essere accolte in quanto, anche se il confronto tra i marchi nel loro complesso non esclude che l’impressione prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in talune circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti, il marchio anteriore non ha, nel caso di specie, alcun elemento dominante, come affermato al punto 49 della presente sentenza.

68      Si deve, quindi, respingere la censura della ricorrente vertente sull’interpretazione da essa data della giurisprudenza relativa al confronto tra i segni controversi, ed esaminare il confronto complessivo di tali segni.

–       Sul confronto visivo tra i segni

69      Al punto 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che i segni controversi erano simili sul piano visivo, facendo valere in particolare che, da un lato, quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi e che, dall’altro, il marchio contestato conteneva l’unico elemento denominativo del marchio anteriore, il che rappresentava un indizio della somiglianza tra i due marchi. La commissione di ricorso ha altresì ritenuto che il termine «contado» avesse un carattere distintivo debole.

70      Per contro, la ricorrente afferma che i marchi in oggetto sono diversi.Essa sostiene, da un lato, che l’unico elemento del marchio richiesto comune al marchio anteriore sarebbe il gruppo di sette lettere finali «el grifo», sul gruppo di quindici lettere «contado del grifo», laddove tale denominazione indica la terra del contadino, con l’immagine di una residenza agricola circondata da vegetazione e uno stemma contenente un grifone stilizzato, e, d’altro lato, che il marchio anteriore avrebbe come elemento dominante l’immagine di un grifone.

71      Orbene, allorché i segni sono costituiti da elementi nel contempo denominativi e figurativi, i primi sono, in via di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi [sentenze del 14 luglio 2005, Wassen International/UAMI – Stroschein Gesundkost (SELENIUM-ACE), T-312/03, EU:T:2005:289, punto 37, e del 22 maggio 2008, NewSoft Technology/UAMI – Soft (Presto! Bizcard Reader), T‑205/06, non pubblicata, EU:T:2008:163, punto 54].

72      Tuttavia, occorre del pari ricordare che, in taluni casi, l’elemento figurativo di un marchio misto può, segnatamente a causa della sua forma, taglia, colore o posizione nel segno, avere un ruolo equivalente a quello dell’elemento denominativo [sentenza del 23 novembre 2010, Codorniu Napa/UAMI – Bodegas Ontañon (ARTESA NAPA VALLEY), T-35/08, EU:T:2010:476, punto 37].

73      Nel caso di specie, occorre rilevare che l’elemento figurativo del marchio anteriore, un animale immaginario stilizzato che assomiglia ad un grifone, ha intrinseco carattere distintivo. Il logo dell’animale immaginario è anch’esso molto stilizzato, con ciò conferendo al marchio una netta identità visiva.

74      Pertanto, contrariamente all’opinione espressa dalla commissione di ricorso, si deve considerare che l’elemento figurativo del marchio anteriore riveste la medesima importanza dell’elemento denominativo, del pari distintivo, e che esso incide sull’impressione visiva complessiva generata da detto marchio, senza tuttavia dominare l’impressione d’insieme del marchio anteriore (v. in tal senso il punto 48 della presente sentenza).

75      In ogni caso, secondo giurisprudenza costante, l’inclusione nel marchio controverso dell’elemento denominativo del marchio anteriore rappresenta un indizio della somiglianza tra i due marchi. Nel caso di specie, i segni, con riferimento alla loro componente denominativa, coincidono per quanto riguarda il gruppo di lettere «el» seguite dal termine «grifo», e differiscono per la presenza, nel marchio richiesto, del termine «contado» seguito dalla lettera «d» [v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2005, Reemark/UAMI – Bluenet (Westlife), T-22/04, EU:T:2005:160, punto 40].

76      Peraltro, come è stato precisato al punto 52 della presente sentenza, il termine «contado» del marchio contestato ha carattere distintivo debole per il pubblico italofono.

77      Pertanto, si deve rilevare, da una parte, che l’elemento denominativo «grifo» comune ai due segni è un elemento distintivo e rappresenta un indizio della somiglianza tra i due marchi e, dall’altra, che l’elemento figurativo del marchio anteriore, avendo normale carattere distintivo, incide, così come l’elemento denominativo «el grifo», sull’impressione visiva complessiva prodotta da detto marchio. Si deve quindi dichiarare che i segni controversi sono mediamente simili sul piano visivo.

–       Sul confronto fonetico tra i segni

78      A tal riguardo si deve, anzitutto, riconoscere che i segni di cui trattasi presentano, sul piano fonetico, una certa somiglianza, principalmente in considerazione della coincidenza dei suoni cui danno luogo gli elementi denominativi comuni, in particolare «grifo», e del debole carattere distintivo, per il pubblico che parla o conosce l’italiano, dell’ulteriore elemento denominativo «contado» del marchio richiesto. Inoltre, come già rilevato al precedente punto 49, i consumatori sono abituati a designare e a riconoscere i vini in funzione dell’elemento denominativo che serve ad identificarli e detto elemento designa spesso il viticoltore o la proprietà su cui il vino è prodotto (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2005, Julián Murúa Entrena, T-40/03, EU:T:2005:285, punto 56).

79      Infatti, l’elemento denominativo «grifo» del marchio anteriore è identico a quello incluso nel marchio richiesto. Inoltre, come giustamente fatto valere dalla commissione di ricorso, l’elemento denominativo «contado» ha carattere distintivo debole per il pubblico italofono e benché si presti normalmente più attenzione all’inizio di una parola, poco importa che l’elemento comune costituisca il primo o il secondo elemento del marchio composto, applicandosi la tutela contro il rischio di confusione in entrambe le direzioni.

80      Pertanto, si deve confermare la posizione della commissione di ricorso, peraltro non contestata dalla ricorrente, secondo la quale i due segni presentano una somiglianza certa dal punto di vista fonetico.

–       Sul confronto concettuale tra i segni

81      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che, per quanto riguarda gli elementi denominativi dei segni controversi, la parte del pubblico di riferimento di lingua latina intenderebbe il termine «grifo», presente in entrambi i segni, come un animale leggendario. Inoltre, il termine «contado» avrebbe un significato chiaro per la parte del pubblico che parla o conosce l’italiano, che è il pubblico di riferimento, sebbene detto termine abbia un carattere distintivo debole con riferimento ai prodotti di cui trattasi. Per quanto riguarda gli elementi figurativi, la commissione di ricorso ha ritenuto che i marchi controversi fossero simili sul piano concettuale, con una differenza parziale, che andava temperata per il pubblico italofono, a motivo del debole carattere distintivo del termine «contado» per detta parte del pubblico.

82      Occorre confermare, in proposito, tale analisi della commissione di ricorso, peraltro non contestata dalla ricorrente.

 Sul rischio di confusione

83      La valutazione globale del rischio di confusione implica un’interdipendenza tra i fattori presi in considerazione, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può, pertanto, essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C-39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T-81/03, T-82/03 e T-103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

84      Ai punti 53 e 57 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato, in sostanza, che sussisteva un rischio di confusione tra i marchi controversi per i prodotti da essi designati.

85      La ricorrente contesta tale analisi della commissione di ricorso. Infatti, essa ritiene che non sussista alcun rischio di confusione e che si debba valutare il marchio nel suo complesso, come «bagaglio culturale, come elemento figurativo [e] investimento [anziché effettuare una valutazione del]la semplice identità di classe e [del]la coincidenza di una parola posta nel marchio richiesto in posizione defilata e assorbita dal contesto».

86      Nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare che i prodotti designati dai marchi controversi sono identici. Si deve poi sottolineare che l’elemento denominativo distintivo «grifo» è comune ai due marchi controversi e che è stato accertato che i due marchi erano mediamente simili sul piano visivo e presentavano una somiglianza certa sul piano fonetico nonché una parziale somiglianza sul piano concettuale.

87      Orbene, è pacifico, da un lato, che l’elemento dominante del marchio richiesto riprende integralmente gli elementi denominativi del marchio anteriore, che restano perfettamente riconoscibili, indipendentemente dalla loro posizione nel segno contestato. Pertanto, come d’altronde già richiamato al precedente punto 50, l’elemento denominativo del marchio richiesto, essendo esso l’elemento dominante nel caso di specie, avrà in definitiva maggiore impatto sul consumatore rispetto all’elemento figurativo di cui detto marchio è parimenti composto (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2005, SELENIUM-ACE, T-312/03, EU:T:2005:289, punto 37).

88      Dall’altro lato, si deve altresì considerare che il pubblico di riferimento (v. precedenti punti da 29 a 31), che dimostra un livello di attenzione medio, attribuirà particolare importanza alla somiglianza fonetica, nel caso di specie peraltro non contestata dalla ricorrente (v. precedente punto 82), dal momento che i prodotti di cui trattasi sono spesso ordinati a voce nei ristoranti e nei bar [v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, Aroa Bodegas/UAMI – Bodegas Muga (aroa), T-536/12, non pubblicata, EU:T:2014:770, punto 56]. Infatti, nel settore dei vini, a differenza delle bevande non alcoliche, i consumatori di bottiglie di vino sono abituati a designare e a riconoscere il vino di cui si tratta in funzione dell’elemento denominativo che serve proprio ad identificarle, in particolare nei bar o nei ristoranti, nei quali il pubblico ordina dette bottiglie di vino a voce dopo aver visto e letto i loro nomi sulla carta dei vini che, in generale, non riproduce le etichette applicate sulle bottiglie [v., in tal senso, sentenze del 13 luglio 2005, Julián Murúa Entrena, T-40/03, EU:T:2005:285, punto 56, e del 12 marzo 2008, Sebirán/UAMI – El Coto De Rioja (Coto D’Arcis), T-332/04, non pubblicata, EU:T:2008:69, punto 38].

89      Di conseguenza, alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, e in particolare dell’identità dei prodotti, della somiglianza fonetica e parzialmente concettuale dei segni controversi, si deve considerare che la commissione di ricorso ha giustamente affermato che sussisteva un rischio di confusione, presso il pubblico di riferimento, tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

90      Inoltre, l’argomento della ricorrente relativo al «bagaglio culturale» del suo prodotto e del suo marchio non è pertinente. Infatti, si tratta di un elemento della strategia commerciale della ricorrente. Orbene, secondo la giurisprudenza, poiché le particolari modalità di commercializzazione dei prodotti designati dai marchi possono variare nel tempo e secondo la volontà dei titolari di tali marchi, l’analisi prospettica del rischio di confusione tra due marchi non può dipendere dalle intenzioni commerciali, realizzate o meno, e per loro natura soggettive, dei titolari dei marchi [sentenze del 12 marzo 2008, Coto D’Arcis, T-332/04, non pubblicata, EU:T:2008:69, punto 59, e del 9 settembre 2008, Honda Motor Europe/UAMI – Seat (MAGIC SEAT), T-363/06, EU:T:2008:319, punto 63]. Pertanto, in tale contesto, la commercializzazione che la ricorrente intende fare del marchio richiesto è irrilevante. Infatti, nell’ambito del procedimento di opposizione, l’EUIPO può solo prendere in considerazione l’elenco dei prodotti richiesti come risulta dalla domanda di marchio di cui trattasi, fatte salve eventuali modifiche di quest’ultima [sentenza del 13 aprile 2005, Gillette/UAMI – Wilkinson Sword (RIGHT GUARD XTREME sport), T-286/03, non pubblicata, EU:T:2005:126, punto 33; v. del pari, in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, Saint-Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), T-364/05, EU:T:2007:96, punto 89].

91      Tenuto conto dell’insieme di tali elementi, si deve dichiarare che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 82, sussiste un rischio di confusione tra i marchi controversi per i prodotti di cui trattasi.

92      Alla luce di tutto quanto precede, il motivo unico di ricorso deve essere respinto, al pari del ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

93      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

94      Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.



2)      La Sensi Vigne & Vini Srl è condannata alle spese.

Frimodt Nielsen

Forrester

Perillo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 ottobre 2017.

Il cancelliere

 

Il presidente


E. Coulon

 

      H. Kanninen

Shape1

*      Lingua processuale: l’italiano.



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